Recensioni e interviste – Io Maria, Lei Callas

 

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Io Maria, Lei Callas di Michela Barasciutti per Točnadanza

La recensione a firma Donatella Bertozzi dello spettacolo “Io Maria, Lei Callas”. Attraverso armonici quadri Michela Barasciutti rievoca con intelligenza, sensibilità e delicatezza, la vicenda umana e artistica della Divina Maria esplorando con discrezione le dolorose, inevitabili contraddizioni fra la donna, l’artista e il suo personaggio pubblico. Lo spettacolo, creato nel 2021, riallestito nel 2023 per il centenario della nascita di Maria Callas, sarà in scena al Teatro Comunale di Camogli sabato 17 febbraio 2024.

Centenari e anniversari offrono a volte l’opportunità di una riflessione su personaggi di valore di cui si parla poco o, al contrario, sono un felice pretesto per rinnovare l’affetto e l’attenzione verso personaggi amati e popolari di cui non si perde occasione di parlare.

Per il centenario della nascita di Maria Callas – amatissima stella della lirica (2 dicembre 1923 – 16 settembre 1977) tuttora oggetto di culto presso variegatissime fasce di pubblico di tutte le età – la compagnia Točnadanza diretta da Michela Barasciutti ha riallestito una bella creazione del 2021, che rievoca con intelligenza, sensibilità e delicatezza, attraverso la danza e il movimento, la vicenda umana e artistica della Divina Maria esplorando con discrezione le dolorose, inevitabili contraddizioni fra la donna, l’artista e il suo – immensamente popolare – personaggio pubblico. Un’occasione, anche, per riascoltarne la voce: non solo quella della Callas, in alcune delle meravigliose arie d’opera che l’hanno resa celebre, ma anche, in frammenti di interviste e conversazioni, la voce di Maria.

Lo spettacolo, già andato in scena con notevole successo al Teatro Malibran di Venezia nel novembre 2023, torna ora sul palcoscenico del Teatro Comunale di Camogli – promosso nell’ambito della stagione del Teatro Carlo Felice di Genova – per una nuova replica sabato 17 febbraio 2024.

Nato da una fascinazione personale dell’autrice per la donna, Maria, oltre che per l’artista, Callas, lo spettacolo si dipana con sensibilità ed eleganza fra elementi rigorosamente legati alla vicenda personale dell’artista senza mai però imboccare l’insidiosa strada della rievocazione biografica. E illuminando via via, attraverso una serie armoniosamente concatenata di quadri, quella scissione eternamente ricomposta, e però forse intrinsecamente insuperabile, fra la sostanza umana e femminile del personaggio – un insieme di forza e vulnerabile fragilità – e l’imprescindibile, ineguagliabile talento che guidava, con determinazione, quasi tirannicamente, i suoi passi.

Lo spettacolo nel suo complesso è un bell’affresco dai forti chiaroscuri, giocato esclusivamente sui toni dell’avorio e del nero. I costumi, pregevoli e funzionali all’espressione danzata, sono stati disegnati dalla stessa Barasciutti.
La compagnia è composta da un gruppo affiatato di giovani professionisti tecnicamente brillanti ed espressivamente sensibili.

L’intera composizione – come ben indicato fin dal titolo, Io Maria, Lei Callas, è percorsa dalla contraddizione tanto irriconciliabile quanto vitale, fra i due versanti della stessa persona. Si ascolta la voce stessa della Callas, narrare questa interiore, tormentata scissione.
La scena si apre su questo contrasto: una giovane donna in nero è al centro della scena e quelle che appaiono come due ulteriore parti di lei stessa le sono accanto e danzano. C’è antagonismo ma anche evidente coesione fra le diverse immagini.
Al cambio di scena due giovani donne di statuaria bellezza, vestite in lunghi abiti chiari, si muovono con nobiltà richiamando alla mente nella danza i profili di un altorilievo greco: è un’evocazione, discreta ma nitida, coreograficamente assai ben disegnata, delle radici emotive e culturali della celebre soprano, nata a New York da una coppia di giovani emigrati greci di buona condizione sociale e più tardi tornata alla patria d’origine, dove completerà gli studi musicali per approdare infine in Italia dove coglierà i maggiori successi.

Per tracciare la triplice personalità della protagonista – Maria, la Callas e la sua “persona scenica” – e le tre figure maschili che l’accompagnano, Michela Barasciutti utilizza un linguaggio coreografico fluido, lirico, intessuto di forti connotazioni dinamiche, che attinge sia alla tradizione classica che a quella moderna ma modellando gesti, movimenti e figurazioni secondo le diverse necessità, legate alla verità e plausibilità del personaggio. Operando quindi scelte personali, scevre da qualunque inflessione ballettistica o modernista, che si coagulano in uno stile che appare ben riconoscibile.

Assai ben delineata la parte femminile della composizione, sorretta anche dalle ottime scelte musicali, coordinate da Stefano Costantini: a Verdi, Puccini, Donizzetti, Mascagni e all’insuperabile purezza di Bellini sono accostati interessanti e inaspettati brani di Bach, Mozart, Kodaly oltre a suggestivi frammenti di origine “concreta” come il canto delle balene o lo sciabordio dell’acqua.
Meno efficace e a tratti più debole la connotazione dei tre personaggi maschili (ispirati, a grandi linee, alla figura del marito di Maria, Giovanbattista Meneghini, alla grande passione della sua vita, il greco, come lei, Aristotele Onassis, e all’infelice, mai corrisposta, inclinazione per Pier Paolo Pasolini). La volontà – più che giustificata – di evitare connotazioni realistiche e cronachistiche lascia i tre personaggi maschili in una sorta di limbo, che li rende figure da un lato inafferrabili e dall’altro fin troppo connotate – nei costumi, nelle acconciature, negli atteggiamenti – in senso contemporaneo. Ciò che li allontana dall’enigmatica, quasi atemporale personalità della protagonista.

Oltre ai costumi e alle musiche giocano un ruolo chiave per la riuscita dello spettacolo le raffinate scelte nel disegno luci, che, in assenza di scenografie, completano assai bene la composizione.

Donatella Bertozzi

15/02/2024

 

L’importanza di essere Maria e non solo Callas

Di rossella battisti

RUMOR(S)CENA – VENEZIA – Al Teatro Malibran di Venezia, l’omaggio in danza di Michela Barasciutti al celebre soprano, di cui ricorre il centenario della nascita il 2 dicembre. È spesso un rischio accostarsi con omaggi ai miti, di solito personalità complesse e dalla carriera sfaccettata, ma l’elegante discrezione con la quale Michela Barasciutti ha messo in scena uno spettacolo intorno a Maria Callas, riuscendo a scansare l’ostacolo. Io Maria, Lei Callas è infatti un affresco di danza sommesso e non gridato: pochi tocchi gentili che tracciano il profilo del celebre soprano, di cui il 2 dicembre ricorre il centenario della nascita.

Tocnadanza – storica compagnia di Barasciutti, da lei fondata nel 1991 – l’ha portato in scena il 19 novembre al Teatro Malibran, e già questa circostanza è in sintonia con il soggetto trattato, dal momento che Maria Callas si inoltrò all’inizio proprio sui ruoli scritti per Maria Malibran, altro celebre soprano dell’Ottocento a cui è dedicato il teatro veneziano. Qui, in questa deliziosa sala dai toni rosa antico – “controfigura” della Fenice a cui il teatro Malibran è affiliato – si apre dunque il sipario sulla vita di Callas, una e trina: Maria, la donna sensibile ed esposta ai tormenti delle emozioni, Callas la divina, l’artista destinata a cavalcare le scene in modo imperioso, e Maria Callas, in complicato equilibrio fra le sue due nature. Barasciutti affida a tre interpreti (Sara Cavalieri, Roberta De Rosa ed Erika Melli) la trimurti di Callas, tessendo traiettorie lente, l’incedere di passerelle raffinate in abiti scuri da sera, rotte all’improvviso da liti a due, mentre la terza sovrasta, arbitro della partita.

Sgusciate via dall’abito di scena si ritrovano in sottovesti bianche in un corpo a corpo furioso. “Ci sono due persone in me: mi piacerebbe essere Maria, ma devo vivere all’altezza delle aspettative di Callas” echeggia sullo sfondo la voce del soprano, estratti di interviste che punteggiano lo spettacolo, alternate a brevi momenti canori. Immancabile Casta diva, forse l’aria più richiamata alla fama della Callas, ascolto della sua voce che vibra mentre tutto si ferma. Sono respiri, tempi di pausa della danza, evocazioni del mito, mentre la scelta musicale (di Stefano Costantini) delle zone danzate non si sovrappone al canto, ma opta per Mozart o Bach o Kodaly.

 

All’icona frammentata di Maria si allacciano le figure dei suoi grandi amori: il primo marito, e suo impresario, Meneghini, Onassis o della passione tradita e infine Pasolini, irrisolta attrazione fra due immense personalità d’artista. Anche qui Barasciutti divide per tre le interpretazioni, affidandole a Mirko Paparusso, Marco Mantovani Giulio Petrucci, ma non c’è un’alta definizione dei personaggi: scorrono accanto alle Marie come fantasmi della sua mente. Sottolineando la solitudine esponenziale che l’accompagnerà fino alla morte e a cui accenna l’immagine ultima dei danzatori, in fila, che si voltano a guardare lo spazio vuoto illuminato dai riflettori.

 

Io Maria, Lei Callas è stato il secondo appuntamento di VeneziainDanza, microfestival al Malibran sempre curato da Michela Barasciutti, inaugurato da Giselle e altre storie con i solisti del GaertnerPlatz Theater di Monaco e che si chiuderà sabato 25 novembre con Vivaldiana della Spellbound Dance Company di Mauro Astolfi.

Visto il 19 dicembre 2023 al Teatro Malibran di Venezia

 

 

 

Io Maria, Lei Callas. Due vite a passo di danza

di Francesca Brandes

07 Nov 2021

 

 

Sincronico, scuro come la Voce. Sontuoso, tragico: la plasticità perfetta di Io Maria, Lei Callas, coreografia e regia di Michela Barasciutti per Tocnadanza – spettacolo appena andato in scena in prima assoluta al Teatro Malibran di Venezia, nell’ambito di VeneziainDanza 2021, rassegna con la Direzione Artistica della stessa Barasciutti – si coniuga con una potenza emozionale straordinaria.

 

Una Callas che non trascura niente

Sarà perché il controllo (minuzioso, quasi cronometrico, un fantastico ingranaggio) dell’andamento coreografico non lascia spazio a movenze inutili. Oper le grandi capacità interpretative dei danzatori della Compagnia, sei magistrali protagonisti di un fiume drammatico che non abbandona mai la tensione originaria. Sarà, soprattutto, per la forza dell’idea che sottende l’intero spettacolo: un ritratto della Divina, colta nel suo essere drammaticamente plurima.

 

Il mito della Callas

Da un lato, la volontà assoluta che Callas ha esibito nel costruirsi grande e unica interprete; dall’altro, Maria, la donna, con tutti i suoi timori, le debolezze, i cedimenti, la passione amorosa.

 

Il lavoro di Michela

Ciò che Michela Barasciutti coglie – e, nella resa, colpisce e commuove – è il conflitto di chi splende, di chi cade e si rialza, e brilla ancor di più perché è caduto. Una storia messa in scena con cristallina introspezione: nella fisicità battente dei moti, che segnano (appunto in sincronia con la traccia musicale, mai direttamente con la voce di Callas) lo spasmo della sofferenza, la pulsione dell’abbraccio, la ferocia del conflitto.

 

Quanto conta l’esperienza

Solo una ballerina di grande esperienza, una coreografa dai sensi acuiti come Michela poteva intuire il dramma e ripulirlo da ogni cascame, senza dimenticare l’esattezza delle traiettorie, l’ellissi perfetta dei giochi, lo scambio di carne e sangue tra un corpo e l’altro. Danza come organismo che consiste, senza abbellimenti. Danza che è, innanzitutto, verità.

 

Callas nell’opera: dalla voce alla danza

Quella di Barasciutti è la storia di una danzatrice che ha costruito la sua carriera su basi solide: nata alla scuola di Luciana De Fanti, già a diciotto anni è solista per il Bussotti Opera Festival nell’opera “Autotono” di Sylvano Bussotti. Ha fatto parte della Compagnia di Balletto “L’Ensemble” di Bruxelles, diretta da Misha Van Hoecke; ha danzato nei principali Teatri italiani ed esteri; è stata Prima Ballerina al Gran Teatro La Fenice e al Teatro Carlo Felice di Genova, in coppia con l’étoile del Bolschoij Vladimir Derevianko, e assistente dei coreografi Bob Cohan e Robert North.

 

La nascita della Compagnia

Nel 1991 fonda a Venezia una propria Compagnia, Tocnadanza, riconosciuta dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, dal Comune di Venezia, dalla Provincia e dalla Regione del Veneto: è l’inizio di un’avventura nuova ed affascinante, in cui crea numerose coreografie, collaborando con prestigiosi Enti e Festival (il Teatro La Fenice, La Biennale di Venezia, la Collezione Peggy Guggenheim, il Conservatorio Benedetto Marcello, il Ravello Festival – Regione Campania, la Camerata Musicale Barese, per citarne solo alcuni).

 

Un sogno che parte da Venezia

«Desideravo che la Compagnia partisse dalla mia città – racconta Michela – e avevo voglia che gli spettacoli mi appartenessero ancor di più. C’è un tempo per crescere, e c’è un modo di crescere, diverso, per ogni stagione della vita. Non è stato sempre facile ma, a tutt’oggi, sono felice per quello che abbiamo realizzato. Perché ciascuno dei protagonisti di Io Maria, Lei Callas è come un punto di luce, unico, insostituibile e corale allo stesso tempo».

 

 

L’occasione: i 100 anni dalla nascita di Maria Callas

In questa nuovo spettacolo di Tocnadanza – realizzato in occasione del centenario della nascita di Maria Callas, nel trentesimo anniversario di Tocnadanza e nell’ottantesimo della Camerata Musicale Barese, che coproduce l’evento – Michela dimostra tutta la sua capacità di intrecciare maestria tecnica ed intensità; la possibilità (che è merce rara di questi tempi) di porre ogni passo, ogni scena al servizio dell’interpretazione.

 

Un trio perfetto femminile

Tre ballerine incredibili, per la naturalezza (solo apparente) dei percorsi, per la forza del contatto: Sara Cavalieri, Roberta De Rosa, Erika Melli. Sono Maria, Callas, o Maria Callas, e i ruoli si scambiano di continuo, in una circolarità perfetta (anzi perfetta nell’imperfezione degli stati emotivi, quasi un pendolo oscillante tra odio di sé, seduzione e smarrimento).

 

Un trio perfetto maschile

Tre danzatori, altrettanto misurati, a rappresentare i compagni che più hanno contato nella vita della Divina: il marito Giovanni Battista Meneghini, quasi una figura paterna; Aristotele Onassis, l’amore passionale che l’abbandonerà per sposare Jacqueline Kennedy; Pier Paolo Pasolini, che la vorrà – disperata, tragica icona – nel suo film Medea. Un ruolo difficile per Marco Mantovani, Mirko Paparusso e Giulio Petrucci, che pare d’appoggio e, invece, dà vita ad un gioco tattile d’estrema eleganza, una linea che si dipana lungo le due diagonali del palco: un basso continuo, a tratti sostenuto da legati evidenti, assolutamente necessario a sostenere, sospingere, prendere e abbandonare. «Il nostro è stato un impegnativo lavoro per esserci – commenta Barasciutti – creare sospensione e, allo stesso tempo, rispetto per il personaggio. Esserci totalmente, esserci in ogni forma.»

 

Tocnadanza mette in scena la vita

Non danza sulla voce unica di Callas, non accompagna l’atto lirico. Ne riproduce, piuttosto, il rantolo fisico, l’inusitata estensione vocale, dal fa diesis grave al mi naturale sovracuto, che talvolta si strozza, s’infila in un imbuto di gola o si scaglia con potenza incontrollabile. Da Bach, a Mozart, a Kodaly, secondo l’elaborazione musicale dell’insostituibile Stefano Costantini. Suono che scorre, zampilla o rimbomba negli incubi. Voce dal corpo-prigione, dal corpo- tempio: «Ci sono due persone in me: – confessava la cantante – mi piacerebbe essere Maria, ma devo vivere all’altezza delle aspettative della Callas».

 

Callas con amore e realtà

Lo spettacolo di Michela Barasciutti e di Tocnadanza – che si spera possa essere visto ed applaudito in molti altri Teatri, anche del Veneto (perché spesso le nostre eccellenze sono più apprezzate fuori dei confini regionali, ed è un gran peccato) – realizza il sogno, i sogni. Anche i nostri, con amore di realtà.

 

Foto di scena di Francesco Barasciutti

 

https://www.enordest.it/2021/11/07/io-maria-lei-callas-due-vite-a-passo-di-danza/

 

 

 

 

 

 

SIPARIO – febbraio 2022

INTERVISTA a MICHELA BARASCIUTTI – di Michele Olivieri

Danzare la Callas

Il Festival veneziano giunto alla XIII edizione ha proposto quale inaugurazione del 2021 la produzione Tocnadanza “Io Maria, Lei Callas” con la direzione, coreografia e regia di Michela Barasciutti. Da una parte una personalità travagliata dalla vita, infanzia, maturità e amori, dall’altra una vissuta in una dimensione d’arte che la porta ad essere unica nella sua voce e nell’interpretazione dei personaggi, creando un mito irraggiungibile perché unico. Umanità e Arte, Maria e Callas. Scherzosamente in una intervista diceva di sé stessa: “… perché la Callas una volta era Maria”.

Abbiamo incontrato in questa occasione Michela Barasciutti, ballerina e coreografa, direttrice di VeneziainDanza (con il supporto del Teatro La Fenice). A 18 anni è stata solista per il Bussotti Opera Festival nell’opera Autotono di Sylvano Bussotti. Per anni ha fatto parte della compagnia di balletto L’Ensemble, diretta da Misha Van Hoecke. Ha spesso lavorato in Enti Lirici, ed in particolar modo al Gran Teatro La Fenice sotto la direzione di coreografi e registi come A. Amodio, G. Cauley, G. Borni, Pier’Alli, S. Bussotti, Bolognini, De Ana, Loiodice e altri. Ha ricoperto il ruolo di Prima Ballerina in due enti lirici, il Gran Teatro La Fenice e il Carlo Felice di Genova. Conosciuta e apprezzata dalla stampa specializzata italiana, ha raccolto positive recensioni da parte di alcuni tra i maggiori critici. Ha partecipato a numerose trasmissioni televisive. È direttrice artistica delle rassegne Danza Aperto a Mestre e a Venezia Percorsi d’Autore – rassegna di nuovi autori e della sezione “danza” di Teatro in Campo. Nel 1991 fonda la Compagnia Tocnadanza. A tutt’oggi vanta collaborazioni e co-produzioni con prestigiosi Enti e Festival. Su sua proposta, Alessio Carbone (già primo ballerino dell’Opéra di Parigi) dà vita al progetto Les Italiens de l’Opéra de Paris. Crea, con proprie coreografie,

lo spettacolo Nuances. Successivamente realizza il video Progetto Kafka, su soggetto di Silvano Rubino. Viene presentata a Mirandola l’opera teatrale Strix, di cui Michela Barasciutti (oltre a ricoprire il ruolo di prima ballerina) firma le coreografie in occasione del Convegno di Studi su Giovanni Pico della Mirandola. È invitata al Premio Internazionale Astor Piazzolla a Castelfidardo presentando un balletto su musica originale, oltre alla Balada para un loco. Realizza insieme a Corrado Canulli lo spettacolo Simboli opposti Miti. Presenta L’Ultima farfalla, spettacolo di danza-poesia-musica. Presenta a Trieste lo spettacolo Memorie Aggredite, balletto basato sulle scenografie curate dall’architetto argentino Mateo Eiletz. Crea lo spettacolo I Vicoli dell’Anima che riporterà grande successo di critica e pubblico. È stata assistente ai coreografi Robert North e Bob Cohan. Crea lo spettacolo Voci in co-produzione con il Festival Internazionale Abano Danza e La Biennale di Venezia. Un estratto dallo spettacolo Il silenzio degli uomini fa parte dell’esposizione permanente al Vladimir Vysotsky’s Museum a Koszalin, in Polonia. Presenta successivamente Il volo interrotto e Sym-Ballein. Realizza inoltre le seguenti produzioni: Lighting Cue Number e Satna. Produce e firma gli spettacoli di Terra e di AltroMade in Italy – I soliti ignoti (dedicato a Mario Monicelli), Looking Out,Vestita di Terra e di Mare,Fiore accanto,Untitled – Tribute to Peggy Guggenheim,Notturni d’acqua. Per il 150° anniversario della nascita di Erik Satie, crea Le stanze di Satie in collaborazione con il Conservatorio Musicale Benedetto Marcello e Archivio Carlo Montanaro. Nel 2017 per il 25° anniversario della Compagnia Tocnadanza crea lo spettacolo 7 quadri + 1. Come direttrice artistica ha realizzato a Venezia ben 26 rassegne di danza ospitando compagnie nazionali, giovani autori e alcune delle più importanti istituzioni mondiali della danza, come il Balletto dell’Opera di Hannover, i primi ballerini del Bayerische StaatsBallet, quelli dell’Opera di Vienna, Aterballetto e molti altri.

 

 

Carissima Michela, quest’anno si celebra il trentesimo anniversario della tua compagnia, Tocnadanza: qual è il bilancio?

Un bilancio di grandi soddisfazioni perché ho avuto delle produzioni, co-produzioni e collaborazioni con prestigiose istituzioni come la Biennale, il Teatro La Fenice, il Ravello Festival, Collezione Peggy Guggenheim Venezia, Conservatorio Musicale Benedetto Marcello di Venezia, Teatro del Sottosuolo, Vignale Danza, Il Gesto e l’Anima e molti altri. Numerose sono state le creazioni in questi lunghi trent’anni che mi hanno permesso di ricercare in continuazione, sia a livello coreografico sia a livello di pensiero, avvicinandomi a splendidi artisti, come è stato per questa edizione di VeneziainDanza 2021, con la Callas, o in passato a Peggy Gugghenheim, passando per l’omaggio a Monicelli, e alla figura di Maria Maddalena… ho lavorato inoltre con numerosi musicisti in scena, per cui il bilancio è positivo. Trent’anni che arrivano in un momento di maturità, perché se riguardo indietro vedo proprio il percorso che ho intrapreso, e chissà il futuro cosa mi riserverà… c’è sempre da imparare nella vita, mettersi in discussione fa parte di me! Sono felice perché ho voluto trent’anni fa fondare la compagnia, avere la residenza a Venezia, nella mia città in cui vivo, una città che continua quotidianamente a donarmi bellezza. Ho anche ideato una creazione per Venezia dal titolo Notturni d’acqua. È una città che mi avvolge nella bellezza, e aver fondato e continuare a dirigere in residenza la compagnia in questo luogo è una perenne fonte di ispirazione, anche molto inconscia, difatti nel mio lavoro non riesco a vedere solo la danza, ma scorgo la musica, il teatro, l’arte totale!

 

Come ti sei accostata al mito della Callas?

Spero di aver rispettato questa grande donna, questa immensa artista. Penso ne sia uscito un lavoro che accompagna il suo nome in un percorso sia di umanità che di arte. Ho voluto racchiudere il teatro, la danza e il suo canto all’interno della creazione, nel centenario della nascita (New York, 2 dicembre 1923). Mi piaceva l’idea di prendere per mano lo spettatore attraverso le fragilità del suo intimo, del suo privato, del suo lato umano e al contempo di quella sua prorompente forza artistica derivata dal canto.

 

Un altro anniversario cade quest’anno con la Camerata Musicale Barese? Come nasce la vostra collaborazione?

Nasce dieci anni, abbiamo festeggiato il ventennale della mia compagnia a Bari al Petruzzelli, ospiti dalla Camerata per il 150° anniversario dell’Unità d’Italia, rappresentando lo spettacolo Made in Italy in omaggio a Mario Monicelli e poi quest’anno – che per caso sono i trent’anni dalla fondazione mentre per loro sono l’80° – ci hanno richiamati con la produzione sulla Callas, ed è un aspetto che mi rende felice… un fortunato gemellaggio tra Venezia e Bari!

 

VeneziainDanza” è giunta alla tredicesima edizione, quali sono state le tappe più significative?

Nel festival volevo dare una panoramica di linguaggi perciò ho sempre invitato compagnie d’autore, o gala, per donare al pubblico la diversità del dizionario della danza, tutto per me è stato ricco. Nel ruolo di direttore artistico, quando invito una compagnia o un artista, è perché ci ho ragionato molto e penso sia la cosa giusta in quel momento da fare, quindi tredici anni di belle cose e soddisfazioni.

 

I ragazzi della tua compagnia come si sono accostati al mito della Callas?

Hanno letto molto, sono dei ragazzi speciali, io li chiamo “punti di luce”. È stata una ricerca accurata proprio perché dovevano entrare in questa energia e in questo rispetto per la Callas. Abbiamo lavorato sulla ricerca del prendere per donare emozioni al pubblico, affinché ci venissero restituite, e devo dire che i ragazzi hanno sentito particolarmente la restituzione di questa grande ricerca sulla figura della divina Maria. Tre danzatrici raffigurano Maria, Callas e Maria Callas, mentre tre danzatori rappresentano Meneghini, Onassis e Pasolini.

 

Ma l’ispirazione da dove ti è venuta?

Semplicemente da alcuni libri che per mio diletto stavo leggendo sulla Callas. Pagina dopo pagina mi hanno sorpresa e toccata i suoi tormenti, tanto da approfondire e voler far nascere uno spettacolo dedicato a lei e a quel suo bisogno d’amore e di abbracci. La sua anima riusciva a trovare pace solamente nel canto, e lì diventava intoccabile.

 

Concludiamo con una domanda a Stefano Costantini, che si è occupato della ricerca ed elaborazione musicale. Come ti sei districato nell’ampia scelta dei brani musicali?

Diciamo che io funziono da archivio, poi in effetti è Michela la testa che tira le fila di tutto, lei quando fa un lavoro sceglie il soggetto e sviluppa la drammaturgia, su questa drammaturgia nasce la regia, e su quest’ultima costruisce quello che possiamo definire “tappeto musicale” per poi dare vita alla coreografia. Personalmente acquisisco la massa che trovo, la scremo, Michela sceglie in base alle sue esigenze coreografiche e poi si cuce il tutto insieme e si crea lo spettacolo. Per cui il mio lavoro è più da artigiano, naturalmente faccio delle proposte, come in questo caso oltre ai brani della Callas ho voluto proporre qualcosa di extra… sono idee che nascono e che poi ragioniamo insieme!

 

L’Ape musicale

06 Novembre 2021